La funzione che il Parco ha avuto nei decenni passati è stata quella di provvedere alla sussistenza alimentare dei degenti ospitati all’interno dei vari padiglioni.
Sino a non moltissimi anni fa le varie aree, che attualmente sono a prato stabile e che vengono sfalciate due volte l’anno per la fienagione, erano coltivate a cereali, ortaggi e a frutteto, provvedendo così, in autosufficienza, ai bisogni interni e per le attività di lavoro dei degenti.
I vari appezzamenti di terreno agricolo erano solcati da fossati in cui scorrevano le acque provenienti da un grosso pozzo ancora situato dietro al padiglione “De Sanctis”, l’attuale scuola infermieri.
I padiglioni di cura e degenza erano, e sono tutt’ora, in buona parte contornati da siepi protettive realizzate con essenze monospecie: Bosso, Ligustro, Lauroceraso.
All’interno di queste aree che contornano i vari padiglioni è presente la maggior parte di essenze arboree che caratterizzano l’impianto vegetale del Parco.
Noi, come Cooperativa sociale «LE VOCI DELLA LUNA”, abbiamo effettuato negli ultimi due inverni, a seguito di corsi di riqualificazione e a titolo puramente gratuito, un censimento fitosanitario riguardante lo stato generale di salubrità delle essenze arboree.
Da questo censimento sono emersi alcuni dati che ci possono aiutare a comprendere lo stato di salute del Parco:
I) 2.086 sono gli esemplari arborei individuati di cui 1.630 a foglia caduca e 456 sempreverdi: taxus baccata, cedrus spp., Pinus spp., Picea spp.
2) fra questi ben 137 esemplari, in prevalenza Aceri negundi e Robinie pseudoacacie, risultano irrimediabilmente compro-
messi nel loro stato di salute: grosse carie provocate da drastici tagli, errati sesti d’impianto.
Ciò è dovuto al fatto che le ultime piantumazioni di una qualche importanza sono avvenute presumibilmente 40 -50 anni fa.
Da allora gli unici interventi fatti sono costituiti nel cercare di contenere le piante con potature, a volte drastiche e nell’abbattimento di essenze irrecuperabili.
La peculiarità del luogo ha comportato, negli anni, l’impianto dì essenze a rapido sviluppo: Aceri negundi, Robinie e vari tipi di conifere, di scarso pregio ambientale, accanto ad esemplari che più riflettono l’origine storica del Parco: Ippocastani, Platani, Querce, Tigli e Olmi.
Questo ultimo tipo di essenze è quello che ha meglio resistito al passare degli anni ed all’incuria dell’uomo, presentando, in alcuni casi, esemplari di notevole valore paesaggistico.
Esistono al S.Lazzaro, ìnfatti, alcuni alberi monumentali quali:
2 Grandi Farnie, 1 Platano, 4 Olmi campestri, 3 Olmi siberiani, 3 Frassini, 2 Aceri campestri.
L’ intervento che sarebbe auspicabile, oltre a una riduzione della quota di essenze non propriamente autoctone e l’impianto di nuove essenze, con criteri che ne rispettino le esigenze, potrebbe essere la riconversione delle aree agricole a Parco Pubblico con l’impianto di alberature ed essenze arbustive.
Inoltre, nell’area adibita a frutteto, ora in precario stato, si potrebbero impiantare antichi tipi di essenze da frutto, integrate in un progetto di Parco fruibile dalla cittadinanza, in modo da non perderne la memoria storica.