Il Fontanile dell’Ariolo

ariolo1Ambito naturalistico di valore, il fontanile dell’Ariolo fa parte di una famiglia di sorgenti particolari:  i fontanili sono  risorgive di pianura, dove l’acqua affiora dal sottosuolo e mantiene una temperatura costante. Sono, inoltre, caratterizzati da flora e fauna tipiche.
I fontanili sgorgano solo in un’area specifica della pianura padana, pressappoco lungo l’asse della via Emilia, che per questo è detta zona dei fontanili o delle risorgive.
L’area del Fontanile dell’Ariolo (che fa parte del SIC “Rio Rodano e fontanili di Fogliano e Ariolo”) è stata acquisita recentemente dal Comune di Reggio Emilia, con l’intenzione di tutelare il fontanile stesso e attrezzare un’area verde pubblica al suo intorno.
Grazie al cavo Ariolo, il fontanile si congiunge con il Mauriziano.

Il Parco del Rodano

rodano parcoSi snoda lungo il torrente Rodano ed ha permesso di valorizzare e tutelare un’area naturalistica e agricola di grande pregio, che si articola lungo il corso d’acqua e che va componendo, nelle sue diverse parti, il nuovo parco del Comune di Reggio Emilia nella zona Sud-Est , collegando le Acque chiare al Mauriziano, attraverso le circoscrizioni Sud e NordEst, i quartieri Buco del Signore, Pappagnocca, Rosta Nuova e San Maurizio.

Il Mauriziano

Il palazzo del Mauriziano è noto per essere stato abitazione di Ludovico Ariosto nei primi anni della sua vita e a più riprese nel corso della giovinezza (celebri sono i versi dedicati al ricordo nel Mauriziano nella IV satira del poeta).

Nonostante le significative ristrutturazioni del Sei-Settecento il Palazzo mantiene l’impianto volumetrico cinquecentesco che lo collega alla cultura della villa rinascimentale. Si caratterizza infatti per la pianta a base quadrangolare con un salone centrale passante sul quale si fonda l’asse di simmetria dell’edificio attorno a cui si articolano i vani laterali. A levante un piano rialzato conserva ancora tre ambienti voltati a vela con capitelli pensili (secondo moduli stilistici di matrice ferrarese sperimentati in città tra XV e XVI secolo).

La decorazione pittorica di questi ambienti, databile dopo il 1567, risente dell’influenza di Nicolò dell’Abate. I dipinti ad affresco del salone centrale e della sala grande di sinistra sono riferiti alle ristrutturazioni effettuate da Prospero Malaguzzi dopo il 1742. Opera di un artista mediocre, raffigurano fatti salienti della famiglia Malaguzzi
Il Palazzo rimane di proprietà della famiglia Malaguzzi fino al 1863, quando viene acquistato dal Municipio di Reggio Emilia.

E’ attualmente sede di attività culturali, ambientali e ricreative ed è il riferimento centrale del Parco del Mauriziano, a sua volta inserito nel più vasto Parco del Rodano.

Mauriziano

Visita guidata al Mauriziano

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Il Mauriziano

  EPSON DSC picture Arrivando dalla via Emilia,  la strada consolare romana, il primo scorcio del Mauriziano lo si ha    attraverso il grande arco   trionfale  eretto per volere di Orazio Malaguzzi, morto nel 1583; esso si inserisce in un ampio   piano di lavori voluti dallo stesso Orazio che arricchisce l’intero complesso.

Ha una mole massiccia ad una sola fornice, posta a sghembo rispetto all’asse della strada, così   da  avere una vista simmetrica e diretta del palazzo. Monumento trionfale di architettura   classica,  eretto in memoria e a onore di Ludovico Ariosto, è largo 9,85 m. Il vano   d’accesso dell’arco è 3,25 per 6,10  m.                                                                                                                 Sul fronte 4 lesene doriche in cotto sostengono la trabeazione e superiore fregio, sul quale si leggeva anticamente Horatius Malagutius.

Per le celebrazioni del 4 centenario della nascita dell’Ariosto, nel 1874, fu restaurato ed abbellito, fu costruito il cornicione che gira tutt’intorno e vi fu sovrapposto un attico. L’iscrizione originale  fu sostituita da quella per l’occasione : “VIII settembre  MDCCCXXIV/Commemorazione della nascita/di/Ludovico Ariosto”

Nel fregio fu dipinto il verso “ONORATE L’ALTISSIMO POETA” ma, deterioratasi anche questa, nel 1933, in occasione del quarto centenario della morte del poeta, fu murata la targa marmorea che si legge oggi: “IL MAURIZIANO.  Vennero aggiunti  i due vasi in marmo bianco di Verona di lina classica,  con manici, ricolmi di frutta, opera dello scultore reggiano Riccardo Secchi.

Negli sfondati sovrastanti le nicchie vennero poste le famosissime terzine della sua IV satira, scritte nel 1523,quando il poeta ha quarantotto anni; ha ottenuto un mandato come commissario ducale in Garfagnana per conto del Duca Alfonso d’ Este  e scrive al cario  cugino Sigismando Malaguzziper raccontare della grande malinconia che in quel luogo prova, lontano dalla famiglia, in luogo ostile. Dice”… qui ho perduto il canto, il gioco, il riso …”.Ricorda però con amore il tempo trascorso nella sua Reggio e in particolare dei felici periodi trascorsi nel palazzo di proprietàdella Famiglia materna, quella Daria Malaguziche le cronache dicono essere stata bellissima:

“Già mi fur dolci inviti a empir le carte

li luoghi ameni di che il nostro Reggio,

il natio nido mio, n’ha la sua parte:

il tuo Maurician sempre vagheggio,

la bella stanza, il rodano vicino…”

Nel 1956 gelano i ci.pressi e le siepi di bosso che costeggiavano il viale , lungo 250 metri e sono sostituiti da un centinaio di pioppi. La piazzetta su cui sorge il palazzo è ombreggiata da secolari platani

IL PALAZZO

Ciò che ancora oggi possiamo ammirare, è una tipica architettura emiliana del XV secolo con impianto solido, non cerimonioso nei volumi, con soffitto a volte. Ha la pianta rettangolare a due piani, muri a faccia  vistacon, sull’ingresso principale, un busto dell’Ariosto posto nel 1880 ad opera dello scultore reggiano Ilario Bedotti.

Il fiorentino Anton Francesco Doniu, nel suo trattato “Le Ville” aveva probabilmente in mente questa proprietà di Orazio nella sua descrizione del 1565 del perfetto “Podere di Spasso”, la sembra sottendere più volte, conb riferimenti evidenziati dallo studio del Bellocci.

SALONE DI INGRESSO

Vasto ambiente chiuso da una volta a botte ed illuminato da 4 finestre oval, che porta i segni dell’intervento settecentesco voluto da Prospero Malaguzzi, il quale viene ordinato cavaliere di Malta e di San Giorgio di Baviera; per ircordare l’avvenimento fa eseguire alcuni lavori di restauro ed è il committente del cilclo di affreschi ancora visibili all’interno. Prospero lascia così traccia nella storica dimora di famiglia, facendo dipingere le vicende salienti della sua vita e di qulla dei più ilustri   congiunti sulle pareti con um intento chiaramente autocelebrativo.

Sulle pareti le sei pitture murali definite dagli studiosi di scarso valore artistico, fredde ed encomiastiche,  risultano però interessati se studiate come quadri storici dell’epoca: sono diligentemente  riprodotte le sfarzose vesti dei personaggi e i paesaggi con dovizia di particolari.

Troviamo l’incoronazione a Cavaliere di Malta e di San Giorgio del conte Prospero ( avvenuta tra il 1726 e il 1745), la nomina del Conte Orazio a Cameriere d’onore  del papa Pio V e Annibale investito delle insegne di Cavaliere di Malta.

SALA STORICA

Le pitture hanno stessa tecnica, datazione, mano di quelle del salone.

Interessante , a sinistra dell’entrata, il “Combattimento tra i Malaguzzi  e i Ruggeri”: rappresentazione dello scontro avvenuto in città nel 1233, scoppiato per futili motivi e poi degenerato in  vera battaglia. Continua così il filone celebrativo con: la rappresentazione delle credenziali di ambasciatore di Orazio al Re Filippo  II di Spagna nel 1574, il lavoro di magistrato di Ludovico ( sul pulpito di legge: LUD. MALAGUTIUS/SENARUM 1477 ET FLORENTIAE 1481/PRAETOR)

Sulle porte leterali della parete due acquile si accingono a spoiccare il volo, quella destra ha in bocca la penna con cui il poeta ha attinto Gloria. Nell’esergo il motto PRO BONO MALUM.

L’affresco tra le due finestre della parete a sud è dedicato ad Alfonso che fu Cavaliere di Malta, Capitano di una Galera di Pio V contro i Turchi, poi prefetto dei soldati del Gran Duca di Toscana; L’iconografia è quella classica della battaglia di Lepanto, il massimo scontro della marina combattuto in antichità: le galee sono allineate, pronte al drammatico urto.

STANZE ARIOSTESCHE DI LEVANTE

Salendo attraverso la scala ricavata nello spessore del muro e grazie alla strombatura dell’architrave, si accede alle tre stanze di levante, quelle tradizionalmente vengono definite “ariostesche”, di piccole dimensioni ma che risposndono alle più raffinate concezioni dell’architettura civile del Rinascimento: copertura a vele poggiate su unghie perimetrali che delimitano le lunette con ben modellati capitelli pensili; perfette proporzioni ingentilite dai  cilci pittorici e dal fascino esercitato dalla consapevolezza dell’antica presenza del poeta; grazie agli sturdi dell’Arc. F. Vanenti valli si può cercare di ripercorrere le fasi costruttive e le successive modifiche all’alzato.

La descrizione di Alessandro Miari, nella sua “Favola Pastorale “ è Preziosissima: dedica ben 44 versi a questa descrizione, probabilmente aspirava un giorno ad esservi effigiato, tra i grandi poeti.

Quello che lui con  dovizia  di particolari descrive è però in buona parte andato perso per le numerosissime ridipinture. Nei riquadri, in un ideale parnaso, sono effigiati i poeti e gli scrittori più famosi dell’antichità alla sua contemporaneità. Sono disposti sulle pendici  a diverse altezze per indicare la loro importanza. Sono raggruppati in base al genere praticato: epico, lirico,drammatico, satirico, vario.Nelle lunette cicli leggermente meno contraffatti.

Fino al 1863 la proprietà e regolata da un fedecommesso istituito nel 1583 da orazio, che lega la trasmissione ereditaria per designazione ad un silo erede maschio; questo “salva” l’ingente patrimonio familiare. L’ultimo è il Conte don Girolamo Malaguzzi Valeri, prevosto della basilica di San prospero, che si vede costretto a vendere il palazzo per l’impossibilità di conservarlo degnamente. Lo offre la Comune di Reggio e il Consiglio Comunale,  riunito in sede pubblica sotto la presidenza del sindaco Pietro Manodori, e dopo il parere favorevole del re d’Italia Vittorio Emanuele II, decide per l’acquisto, accordandosi per quasi 8000 lire

IL MAURIZIANO…LUOGO AMATO

Il Mauriziano fa parte di un importante e delicato sistema di testimonianze storiche  e ambientali che comprende il Mulino, il ponte sul Rodano, la chiesa di S. Maurizio sulla Via Emilia,  le dimore storiche dell’Ariosto, l’ex Tintoria – follo.

E’ inoltre  il centro di un prezioso sistema naturalistico che connette le acque del torrente Acqua Chiara, del Rodano e dell’Ariolo fino al Parco  del Campo volo  e  del S. Lazzaro. (….)

Tale sistema è stato oggetto di attenzione da parte della nostra Associazione che, nel 1991,  ha ottenuto la tutela  del Mauriziano dal Ministero dei Beni culturali, sventando il pericolo di edificazioni già previste dal Piano regolatore dell’epoca, legittimandone così definitivamente il grande pregio testimoniale.

E’ dal lontano 2006 che, sventato il pericolo della  demolizione della casa colonica,  si è avviato poi un percorso virtuoso che ha visto l’Amministrazione comunale impegnarsi e ottenere  l’acquisizione della casa colonica alla  proprietà pubblica.

Da allora è iniziata una serie di incontri che hanno visto la presenza  degli assessorati all’Urbanistica, all’Ambiente e ai Lavori Pubblici assieme alle associazioni interessate  e alla Circoscrizione locale al fine di approdare ad una valorizzazione dell’intera area al fine  di  renderla  fruibile  dalla popolazione, dalle scuole del quartiere e della città.

La grande affluenza di cittadini di ogni età che abbiamo visto nelle due edizioni precedenti della festa, ci conforta nella certezza che, una volta realizzate le iniziative che da tempo proponiamo e che sono richieste  dai cittadini, questa area potrà essere effettivamente  vissuta e goduta come un servizio  di alta qualità per la città, facilmente raggiungibile anche grazie alla rete di piste ciclabili e dunque col minimo impatto ambientale.

Da tempo abbiamo sottoposto alla Amministrazione e alla Circoscrizione  un progetto di attività che comprendono sia  la conoscenza del luogo, carico di significati storici e letterari, sia la osservazione scientifica dello straordinario ambiente naturale che lo caratterizza, le attività da svilupparsi nell’area antistante la casa colonica, sia le attività connesse alle attività di  animazione  espressiva ed artistica.

Attività adatte e indirizzate ai bambini e ragazzi (e perché no, anche agli adulti) delle scuole dell’infanzia e dell’obbligo,  per le quali si è proposta la utilizzazione dei locali della casa colonica, nel rispetto assoluto  della sua struttura  tradizionale.

Siamo convinti che queste attività  abbiano un valore educativo  profondo per  il crescente distacco dei ragazzi dai cicli naturali. Un luogo dove ritessere  quel rapporto indispensabile con la natura e i suoi cicli  che oggi è troppo spesso  sottovalutato dalle varie istanze educative e dimenticato dalle modalità di vita oggi esistenti.

Lavorare coi bambini, partendo dalle cose più semplici, come seminare, annaffiare, osservare la crescita  delle colture, lavorare con la terra, i colori e i pennelli, gli oggetti  più vari  da riciclare e coi quali inventare forme e divertimento: sono quelle attività formative che uniscono manualità e osservazione in un processo di andare e ritornare su se stessi e sulle proprie esperienze, anche minute,  ma gratificanti e che sole possono portare alla maturazione  profonda  ed equilibrata della. personalità.

Un luogo nel quale siano esemplificate e messe in opera apparecchiature per l’uso  delle energie alternative, quali pannelli solari e fotovoltaici, in armonia con la necessità di divulgarne  la conoscenza, al fine di educare ragazzi consapevoli e responsabili rispetto ai comportamenti corretti   da  adottare poi nell’età adulta .

Ci aspettiamo che queste istanze siano colte positivamente dalla Amministrazione comunale come iniziative qualificanti e urgenti per l’intera città e che si dia finalmente concretezza al restauro scientifico della casa colonica non solo per evitarne l’ulteriore degrado ma anche  per  realizzare ciò che i cittadini, da tempo, richiedono.

Analoghe  considerazioni  si possono fare per l’area su cui sorgeva l’antica Tintoria,  dove potrebbero finalmente trovare soluzione  e accoglienza varie strutture pubbliche e di relazione che oggi mancano nel quartiere.

Si potrebbe così completare,  col restauro di questa area, di cui si denuncia da tempo l’incuria e l’abbandono,  la  rivitalizzazione di una zona dal grande valore anche  paesaggistico, molto amata dai cittadini.

                                Giovanna Boiardi.

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I BENI ARTISTICI ITALIANI SEMPRE A RISCHIO

E’ stato calcolato che l’Italia possegga oltre il 60% del patrimonio culturale e artistico rispetto a tutto il mondo, una concentrazione tale che fa del nostro paese un museo a cielo aperto che tutti ci invidiano e ammirano, visitato da cittadini provenienti da ogni parte del mondo.

Il nostro patrimonio artistico rappresenta la vera, sicura ricchezza nazionale, uno sterminato patrimonio di arte, da recuperare, restaurare e difendere (…..) da governanti improvvidi e dall’ingiuria del tempo, disseminato in centinaia di piccole e grandi città, ricche di storia sedimentata nei secoli.

Ecco la nostra ricchezza.

Questo patrimonio è, soprattutto per questa visione politica distorta e miope, costantemente oggetto di tagli  pesanti del Bilancio dei vari governi che si succedono, quasi che il nostro patrimonio fosse una pesante remora di cui bisogna  per forza occuparsi e non quel bene immenso stratificato durante i secoli della nostra storia e che  attesta la nostra identità più profonda, da tramandare nel futuro.

Tutti i governi e opposizioni che si succedono via via  nel nostro paese  insistono, nei loro programmi, e  ossessivamente, sul tema della “crescita” da tutti agognata quale soluzione di tutti i problemi, sottintendendo per “crescita” essenzialmente quella  di tipo industriale e tecnologica.

Per di più, recentemente, il Ministro Tremonti ha detto che “con la cultura non si mangia”….

Questa frase detta da uno degli uomini più rappresentativi dell’attuale Governo ha lasciato molti sbigottiti. Bisogna avere la vista molto corta oltre che a una ben limitata cultura per avere il coraggio di pronunciare frasi di questo genere.

I crolli di Pompei solo sono gli ultimi tragici eventi cui abbiamo dovuto assistere; è di questi giorni il crollo del palazzo Loiacono, alto esempio del barocco siciliano di Agrigento, la città vicina agli antichi templi della Magna Grecia, la città del sacco edilizio e della frana del 1966.

Mi domando se anche i nostri governanti abbiano davvero subito quella trasformazione antropologica denunciata da un disperato Pasolini che, già egli anni ‘60-’70 vedeva nella cosiddetta società dei consumi e nella scomparsa delle tradizioni e culture locali, la perdita di valori fondamentali, l’ottundimento delle menti e l’omologazione dei comportamenti indotti dalla pubblicità e dalla forme capitaliste di produzione, quella che oggi chiamiamo globalizzazione.

E’ allarmante pensare che la nostra vera ricchezza, sulla quale spesso letteralmente camminiamo,  che è sotto gli occhi di tutti, nelle nostre città, nei nostri paesi, nei nostri musei e chiese, veri e propri scrigni di bellezza, sia pressoché ignorata, bistrattata e sottovalutata per le immense possibilità che essa ci offre per il solo fatto di esistere e anche  per il bisogno che ha di essere costantemente curata e accudita..

Penso a innumerevoli mestieri e professionalità, dai più modesti ma indispensabili, frutto di saperi e pazienza millenari. Ricordo un “pellegrinaggio” sui monti del nostro Appennino alla ricerca di quei piccoli forni ricavati in anfratti di roccia, dove i cavatori cuocevano certe pietre trovate sul posto e che servivano alla fabbricazione della calce (si spiega così, per esempio, anche la assoluta armonia cromatica degli antichi borghi, dello stesso colore e materiale reperito sui monti vicini). Innumerevoli mestieri da riscoprire, non in nome di un recupero nostalgico, ma per la necessaria aderenza a corrette pratiche di ricostruzione e restauro di cui sappiamo dare  prova ed essere maestri riconosciuti, richiesti e  invidiati nel mondo;  stando attenti a non dimenticare o disperdere antiche metodologie (ancora impiegate in certe “botteghe” artigiane, le poche che sopravvivono) e materiali naturali oggi spesso difficili da reperire per i restauri e per il  recupero

Infiniti mestieri, fino ai più raffinati e complessi, innervati da nuove prassi scientifiche e di ricerca indispensabili per progredire anche in questo campo delicatissimo….dal muratore che fa la malta speciale con materiali naturali e su, su,  attraverso varie e diversificate professionalità, fino allo storico  dell’arte, da impiegare in questo immenso cantiere di cura e “accudimento” che dovrebbe essere il nostro paese.

Un complesso entusiasmante  di saperi e conoscenze da rimettere in moto, come in un nuovo Rinascimento, confortati anche da nuove tecnologie di restauro  scoperte grazie alla ricerca importante anche in questo campo, da esercitare finalmente  a pieno ritmo e non solo quando arrivino avari finanziamenti o il soccorso di qualche moderno mecenate; impiegare cioè intelligenza unita  a quella creatività che ci hanno distinto nel passato e di cui sappiamo essere capaci come pochi al mondo.

LA BELLEZZA SALVERA’ IL MONDO.

Nonostante tutto,  io credo in questa bella frase-augurio, anche un po’ disperata,  di Dostojewski.

A volte sogno e penso che siano possibili  altri programmi seri, spero in uomini lungimiranti e a progetti pieni di senso, prima che sia troppo tardi, prima che questo patrimonio fragilissimo scompaia del tutto.

Giovanna Boiardi

Dalla lectio magistralis di Salvatore Settis pronunciata al ricevimento della laurea Honoris causa in Giurisprudenza all’Università di Padova. -Stralcio dal ‘Giornale dell’arte’– Aprile 2008.

 

“Il concetto europeo di patrimonio culturale si è venuto formando nel corso dell’Ottocento. E si ispirava alla rinnovata consapevolezza della centralità del patrimonio per definire la cultura nazionale… Il punto focale era Roma come madre di tutte le arti in Europa ma anche a causa di una tradizione già  fortissima a Roma e in altre capitali italiane e quasi assente nel resto d’Europa: la tradizione della tutela.

… le norme di tutela del patrimonio culturale sono una “invenzione” italiana, con una specifica primogenitura nella Roma pontificia; ma non meno importanti furono le norme di altre antiche capitali da Napoli, a Venezia, da Parma a Lucca. Chiediamoci dunque: come mai gli stati preunitari agirono tutti in una stessa direzione?

Nessun trattato inter-statale li obbligava a emanare leggi di tutela, (mentre nell’Europa di oggi trovare un punto di accordo sulla tutela del patrimonio è stato finora impossibile) eppure essi lo fecero e con leggi diverse nella forma, ma di spirito assai simile.

Vediamo qui un’opera di cultura civile e giuridica comune a tutta Italia.. Quello che accadde per l’italiano…accadde  per la tutela. La tutela del patrimonio culturale è un linguaggio comune della cultura italiana ed è parte della nostra identità, del “codice genetico” degli italiani….. E’ a partire da questo sfondo di straordinario spessore
storico, culturale e giuridico che si vennero formando con processo tortuoso e generoso, le leggi di tutela dell’Italia unita.…”

Dopo alcune leggi che datano fin dal 1987 si arrivò ad “altre norme che culminarono nelle leggi 1089 e 1497 del 1939, proposte dal Ministro Giuseppe Bottai, dopo che i governi fascisti per diciassette anni non avevano innovato nulla in questo campo.

Ma benché approvata da un governo fascista, quelle leggi non ebbero nulla di specificatamente fascista e anzi seppero in sé riassumere il meglio della tradizione italiana di tutela, grazie ai consiglieri di cui Bottai si era circondato (sul versante, giuridico Santi Romano e su quello storico-artistico il giovane Giulio Carlo Argan).

La qualtà delle leggi Bottai furono tali che ad esse fecero chiaro riferimento i membri della Costituente quando, nella Costituzione di una Repubblica nata dai disastri del fascismo e della guerra, inserirono fra i principi fondamentali, l’art.9  che, come ha detto il Presidente Carlo Azeglio Ciampi, è il più originale della nostra costituzione”.

 

Possiamo qui ricordare che la legge 1089 del ‘39 su menzionata, permise alla nostra piccola associazione, il Gabbiano, di  chiedere ed ottenere nel 1991, dal Ministero dei Beni culturali e artistici la tutela del complesso del S. Lazzaro e della zona del Mauriziano, altrimenti destinati, dagli allora vigenti Piani regolatori a ben altre destinazioni. Infatti per il S. Lazzaro si ipotizzava la demolizione dei  padiglioni e la costruzione di aree commerciali e parcheggi.

Oggi il S. Lazzaro, dopo una lunga gestazione,  è diventato Campus universitario ed è assurto così a quella importanza e dignità che, per storia e bellezza, gli compete. Ora aspettiamo che sia restaurato anche il parco storico perché sia riportato finalmente alla sua originaria bellezza e che si dia finalmente  avvio alle attività connesse  al Museo della psichiatria.

Così fu per la tutela ottenuta al Mauriziano,  sulla cui area era ipotizzata la demolizione dell’antica Tintoria e la costruzione di alti condomini fino al ponte sul Rodano. Qui lo storia non è ancora finita. Attendiamo da anni che si risolva, nel rispetto della tutela ministeriale, il destino  di questa area nella salvaguardia  dell’antica tipologia  residenziale.                     

G.B.    

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CONSUMO CRITICO: UN’ARMA A DISPOSIZIONE DEI CITTADINI

In questo numero de “il gabbiano” viene approfondito il tema dei GAS – Gruppi di Acquisto Solidale -, dando a loro non solo una valenza di consumatori ma anche valore socio-politico.Questi gruppi solitamente , attraverso il consumo critico decidono di diventare parte attiva nelle scelte comportamentali di chi a loro offre un servizio oppure un bene di consumo. Prima di entrare nel merito mi è sembrato opportuno acquisire da WIkIPEDIA la definizione di consumo critico.

‘Per “consumo critico” si intende la pratica di organizzare le proprie abitudini di acquisto e di consumo in modo (…..) da accordare la propria preferenza ai prodotti che posseggono determinati requisiti di qualità differenti da quelli comunemente riconosciuti dal consumatore medio.

In particolare il consumatore critico riconoscerà come componenti essenziali della qualità di un prodotto alcune caratteristiche delle sue modalità di produzione, ad esempio la sostenibilità  ambientale del processo produttivo, l’eticità del trattamento accordato ai lavoratori, le caratteristiche dell’eventuale attività di lobbying   politica dell’azienda produttrice. La pratica del consumo critico si distingue dall’adesione ad una specifica campagna di boicottaggio, anche se ovviamente vi può coesistere, in quanto è un atteggiamento che ha motivazioni e conseguenze più generali.

La possibilità di utilizzare la propria posizione di consumatore per perseguire fini politici o etici presuppone il diritto di poter scegliere tra diversi prodotti nonché la conoscenza di tutte le informazioni necessarie a compiere una scelta consapevole. Volendo fare uso di una analogia tra il consumatore ed il lavoratore, questi diritti corrisponderebbero al diritto di sciopero e alla sindacalizzazione. Una analogia viene spesso proposta anche tra il consumatore e l’elettore, per cui uno dei possibili slogan del consumo critico è “voti ogni volta che vai a fare la spesa”.

Il termine in genere non fa riferimento, riduttivamente, solo agli acquisti di beni materiali: il consumo critico può anche riguardare le scelte inerenti al risparmio (finanza etica) e all’uso di servizi come ad esempio i trasporti o le telecomunicazioni. Se oggi dovessi analizzare il nostro sistema di relazioni sociali e di conseguenza del sistema politico che dovrebbe sostanzialmente dare risposte ai bisogni sociali in materia di alimentazione, di ambiente, di sanità e previdenza, di sicurezza, di occupazione, ecc. non avrei grandi difficoltà ad ammettere che la mia sfiducia rischia di essere preponderante rispetto qualsiasi altro pensiero. Risulta ancor più arduo capire se il sistema politico attuale risponda alle sollecitazioni sociali o se la società subisca l’ipocrisia politica. o meglio:  è il popolo che è incapace di spingere il pensiero politico verso orizzonti che siano in grado di ristabilire concetti quali: giustizia sociale, democrazia , eticità, lasciando che i politici tutelino gli interessi loro e di pochi altri?

Potrei aggiungere sicuramente altre considerazioni ma tutte porterebbero allo stesso pensiero: vivere in una società senza ideali e con grande sfiducia nei confronti di chi ti governa è molto difficile e forse inutile.

In questi anni ho vissuto in prima persona alcuni progetti di aggregazione sociali come i comitati di opposizione ad alcune scelte non condivise dell’amministrazione, ancora come dirigente di movimento politico, ma purtroppo l’establishment politico vieta l’affrancamento di ciò che non è funzionale al capitalismo sfrenato. Ecco perché quando si parla di consumo critico il mio cervello elabora sensazioni ottimistiche. Infatti sono convinto che molti di noi accettano questo status passivamente credendo nell’impossibilità di un cambiamento ma se qualcuno ci desse      motivo di credere in un cambiamento, e se questo qualcuno fossimo noi  stessi non sarebbe forse meglio? Infatti attraverso il consumo critico ognuno di noi può essere protagonista del nuovo perché se al capitalismo senza etica togliamo denaro e lo investiamo in progetti che non sono regolati da grandi multinazionali o peggio ancora da speculatori faremmo avanzare un economia di concetto e non di consumo. Chiaramente questo passaggio richiede tempi lunghi ma se vogliamo pensare ad un cambiamento senza rivoluzioni io non conosco altri sistemi.

Giorgio Bonacini

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