Inquinamento e salute

Cosa si intende per  inquinamento  dell’aria? 

Ogni modificazione della normale composizione dell’aria atmosferica dovuta alla presenza di sostanze che possono costituire un pericolo per la salute umana e/o per l’ambiente nel suo complesso. Per alcuni inquinanti viene fissato dalla legislazione un  “valore limite”, al fine di evitare, prevenire o ridurre gli effetti nocivi per la salute umana e/o per l’ambiente nel suo complesso. (…..)In generale l’inquinamento ambientale può interessare l’aria, l’acqua, il suolo, gli alimenti ed ha effetti negativi sulla salute degli esseri viventi, sulla vegetazione e sui beni artistici. Gli inquinanti sono in numero  molto elevato, e la legislazione prevede un controllo solo su alcuni, sia per la maggiore facilità di determinazione, sia perché rappresentativi dell’inquinamento complessivo.

Quali sono gli inquinanti che si misurano in una area urbana?

In aree urbane, la legislazione prevede misure di  componenti gassosi (biossido di azoto,  ossido di carbonio, ozono e benzene) e del cosiddetto “particolato”, cioè  particelle solide (aerosol) di dimensioni inferiori a 2.5 micron (1 micron = 1/1000 mm) ed  a 10 micron, chiamate rispettivamente PM2.5 e PM10.

Queste frazioni comprendono anche le particelle ultrafini (particelle con diametro minore di 0.1 micron) e le cosiddette “nanoparticelle” (diametro inferiore a 0.05 micron).

Quali sono le sorgenti di inquinamento atmosferico nelle città?

Traffico, riscaldamento domestico ed impianti industriali (per esempio inceneritori)  sono le tre principali fonti di emissione di inquinanti in atmosfera. Per quanto riguarda le particelle, queste possono essere emesse direttamente dalla sorgenti prima indicate (aerosol primario), oppure formarsi in atmosfera in seguito a reazioni chimiche che avvengono in atmosfera fra composti gassosi (aerosol secondario).  Le particelle che si formano in atmosfera sono principalmente ultrafini, mentre nei processi di combustione si generano particelle in un ampio intervallo dimensionale, da pochi millesimi fino alla decina di micron. I composti gassosi che fungono da precursori per la formazione di aerosol secondario possono essere naturali (terpeni emessi da vegetazione) oppure antropogenici (benzene, ossidi di azoto, biossido di zolfo, ecc.).

Quante particelle inspiriamo in un giorno?

La concentrazione in numero delle particelle presenti nell’aria è notevolmente variabile. Per esemplificare,  in prossimità di una strada ad elevato traffico possono essere presenti fino a 100mila particelle per cm3 di aria. In zone meno inquinate  il numero è dell’ordine di 10mila / cm3.

Assumendo una concentrazione di particelle di 10mila /cm3 ed un volume giornaliero di aria inspirata da una persona  di circa 15 m3 , si ottiene che in un giorno vengono inspirate circa 100 miliardi di particelle.

Tenendo presente la elevata efficienza di deposizione nell’apparato respiratorio di queste particelle,  si può stimare che ogni giorno si deposita nel nostro apparato respiratorio un numero di particelle dell’ordine di diversi miliardi.

Quali sono i fattori che determinano gli effetti  del particolato sulla salute dell’uomo?

I fattori importanti sono: la concentrazione in massa del particolato (PM2.5, PM10), la distribuzione dimensionale dell’aerosol (parametro che fornisce il numero delle particelle in funzione del diametro delle particelle), il numero di particelle della frazione fine ed ultrafine nell’aria che inspiriamo, la composizione chimica delle particelle.

Le particelle ultrafini hanno un elevato rapporto superficie/volume e quindi una maggiore possibilità di adsorbire composti organici pericolosi. Poiché queste particelle hanno inoltre una  elevata probabilità di penetrare e depositarsi nell’apparato respiratorio raggiungendo anche la regione alveolare, se ne deduce che  gli effetti negativi sulla salute sono prevalentemente determinati dalle particelle ultrafini. Studi tossicologici ed epidemiologici evidenziano che la concentrazione in numero delle particelle ultrafini nell’aria è il più importante parametro per valutare gli effetti sulla salute. Queste  particelle, pur essendo in numero largamente prevalente rispetto al numero totale di particelle in un’area urbana (circa 80%), contribuiscono in percentuale trascurabile alla frazione PM10 dell’aerosol presente nell’aria. Per esempio occorrono 4 milioni di particelle con diametro 0.01 micron, per avere la stessa massa di una particella di diametro 20 micron. Se ne deduce pertanto che il parametro utilizzato  per la valutazione della qualità dell’aria basato sulla concentrazione in massa PM10 nell’aria, misurato dalle centraline di monitoraggio,  non è adeguato per monitorare l’inquinamento da aerosol e quindi gli effetti negativi sulla salute. La misura della concentrazione in numero delle particelle,  non  prevista dalla legislazione,  è un parametro molto più significativo.

Cosa si intende per “esposizione personale”?

Gli inquinanti inspirati da una persona possono essere diversi dai valori medi misurati nell’ambiente esterno. Infatti una persona di solito  trascorre  intervalli temporali all’esterno, od in ambienti chiusi quali la casa,  edifici scolastici (inquinamento “indoor”).

Quindi gli effetti sulla salute dipendono dalla durata temporale trascorsa nei vari ambienti e dalla concentrazione degli inquinanti presenti. L’inquinamento “indoor” riveste una grande importanza, perchè è frequentemente più elevato di quello “outdoor”.

Quale è la situazione dell’inquinamento nell’area urbana di Reggio?

Considerando solamente le particelle presenti nell’aria, il Rapporto annuale  dell’Arpa sulla qualità dell’aria della provincia di Reggio  relativo al 2009,  indica nella stazione di Viale Timavo  e di Viale Risorgimento un valore medio annuale per il PM10 di 42 e 31 microgrammi/ m3 di aria, rispettivamente (valore limite annuale per la protezione della salute umana pari a 40 microgrammi/m3 ).  Il numero di superamenti annuali del valore limite di 24 ore per la protezione della salute umana nelle due stazioni è rispettivamente 80 e 43, molto superiore al numero 35 previsto dalla legge. Per il 2010 il numero di superamenti è risultato rispettivamente 84 e 50..

                                      Gianni Santachiara

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Un asino per educare, divertire e curare

Dopo anni di oblio l’asino è ritornato ad attirare nuovi interessi.

Riposta per sempre la preminente funzione di coadiutore del contadino ( anche se, in verità, alcune aziende agricole di grande sensibilità ecologica lo utilizzano ancora in alternativa ai mezzi meccanici) è stato rivalutato negli ultimi anni come importante supporto alla educazione ambientale, al turismo responsabile ed infine alla cura delle disabilità e delle intolleranze alimentari nei neonati. (…..)

La rivalutazione di questo animale, che ha accompagnato per più di 5000 anni la storia dell’uomo, è stata ottenuta attraverso l’azione insistita di alcuni operatori che nell’ultimo decennio hanno reagito con appassionate iniziative di sensibilizzazione e di promozione nelle scuole, nelle feste, nei convegni ed ovunque il messaggio di “resurrezione” poteva suscitare interesse o curiosità.

Fra questi promotori dell’asino, in primissimo piano, c’è stata e c’è tuttora “Aria Aperta”, una azienda ben conosciuta che specie nelle province di Reggio e Modena ha svolto una importante funzione di sostegno alla affermazione dell’asino come “mediatore” per avvicinare i bambini alla natura, gli adulti alla fruizione equilibrata dei beni naturali e genitori alle terapie assistite con gli animali. Fra le varie cose, vi è da evidenziare che l’asino, se conosciuto e se considerato non più come oggetto, strumento, ma come soggetto, ovvero come individuo con capacità emotive e di relazione, può donarci una strada per “guarire” dalle nostre malattie. Curare con l’asino significa sovrapporre le caratteristiche che possiede l’animale con le necessità che l’individuo umano normalmente esprime in un momento di disagio, sia fisico che psicologico e cognitivo. Coinvolto in attività da svolgere con le persone, mediate da operatori qualificati, l’asino può diventare il “trasduttore” ovvero l’elemento che converte le emozioni da una forma negativa ad un’altra, in modo che queste possano essere rielaborate dall’individuo in direzione tendenzialmente positiva.

“Aria Aperta” in questi ultimi anni ha concentrato in modo particolare l’attività nel nostro territorio e riteniamo che ciò possa essere un fatto che può aiutare a creare nuove opportunità per sviluppare un “rispetto” reggiano per l’asino che può portare ad utilizzare in forma utile e gradevole le esperienze accumulate, ossia a poter concepire che gli asinelli possano diventare, in qualche caso, compagni di giochi, di scoperte e di terapie per piccini e grandi della nostra città.

                                                         Edi Righi

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Inquinamento e salute

L’inquinamento ambientale può interessare l’aria che respiriamo, l’acqua, il suolo e gli alimenti. Qui ci limiteremo a fornire qualche indicazione sull’inquinamento dell’aria ed in particolare delle particelle sospese nell’aria (particolato, aerosol).

Cosa si intende per PM10, PM2.5, PM1 e particelle ultrafini?

Col termine PM10, PM2.5, PM1 si intende la massa delle particelle (aerosol) contenute in un metro cubo di aria, che hanno un diametro minore di 10, 2.5, ed 1 micron ( 1 micron = 1/1000 mm). (…..)

Inoltre si parla frequentemente di particelle ultrafini, che hanno un diametro minore di 0.1 micron.

Queste particelle possono essere emesse direttamente da molteplici sorgenti, quali i processi di combustione (autoveicoli, riscaldamento, attività industriale), nel qual caso si parla di aerosol primario. Si possono però formare anche in atmosfera con reazioni chimiche fra composti gassosi o vapori, emessi sia dalla attività umana (biossido di zolfo, ossidi di azoto) o da sorgenti naturali (terpeni emessi dalle piante).

Le particelle ultrafini costituiscono circa l’80% in numero delle particelle in un ambiente urbano, ma il loro contributo alla massa dell’aerosol è trascurabile, per le loro dimensioni estremamente piccole.

Il parametro utilizzato attualmente per la valutazione della qualità dell’aria, basato sulla concentrazione in massa del particolato (PM2.5, PM10), non è adeguato per monitorare gli effetti sulla salute determinati da queste particelle. Studi tossicologici ed epidemiologici evidenziano che la concentrazione in numero delle particelle ultrafini presenti nell’aria e la loro composizione chimica, è il più importante parametro per valutare il loro effetto sulla salute.

Perché le particelle ultrafini sono dannose per la popolazione?

Premesso che gli effetti negativi sulla salute non sono uguali per tutti e che bambini (i cui polmoni ancora in fase di sviluppo sono più suscettibili ad episodi infettivi bronchiali) ed anziani ne ricevono un danno maggiore, si possono distinguere effetti a breve termine (incremento della morbilità, dimostrata dall’incremento dei ricoveri ospedalieri; incremento della mortalità in presenza di un aumento del livello di inquinamento), oppure a lungo termine (per esempio danni permanenti all’apparato cardio-vascolare). Se si considera la zona dell’apparato respiratorio dotato di ciglia, le particelle possono essere in parte rimosse. Quindi una particella “grande” (> di 1 micron) che si deposita nelle vie respiratorie superiori può essere rimossa dalle ciglia, e non produce danni.

Le particelle ultrafini (ne inspiriamo ogni giorno circa 100 miliardi), si depositano nell’apparato respiratorio dell’uomo con elevata efficienza, sia nella regione extra-toracica (naso, bocca), che nella regione alveolare.

6 Gli alveoli polmonari non sono forniti di ciglia, e quindi le particelle depositate non vengono rimosse. Le particelle piccole hanno una elevata capacità di assorbimento di inquinanti, e nelle zone dove si depositano possono produrre effetti negativi (effetti infiammatori, tossici, mutageni). Inoltre possono passare nella circolazione sanguigna e raggiungere vari organi periferici (reni, fegato, vescica). Le particelle ultrafini depositate nella mucosa nasale possono trasferirsi attraverso i nervi olfattivi al cervello.

La patologia osservata a livello di mucosa nasale e cervello in soggetti esposti ad elevato inquinamento presenta analogie con la patologia di Alzheimer.

E’ stata evidenziata una associazione tra esposizione a lungo termine a traffico autoveicolare ed aterosclerosi.

Gli effetti negativi sulla salute sono più elevati per persone che vivono in prossimità di strade ad elevato traffico.

Come varia l’inquinamento dell’aria esterna ?

Non vi è uniformità dell’inquinamento dell’aria nel territorio provinciale, e ciò può essere confermato dal confronto tra i dati forniti dalle centraline di monitoraggio dell’ARPA, localizzate ad esempio a Febbio (stazione montana), e quelli nell’area urbana di Reggio. Vi sono però situazioni, che andrebbero approfondite, in cui i dati forniti dalle centraline appaiono anomali. Ad esempio la centralina di S.Rocco (Guastalla), classificata come “stazione rurale” ha registrato nel 2011 ben 72 giorni di superamento del valore limite del PM10 (50 microgrammi/ m3),

paragonabile al numero di superamenti in Viale Timavo (86), e maggiore dei valori della altre zone urbane di Reggio.

Nel corso del 2012, nel periodo gennaio-aprile, nelle stazioni di monitoraggio di Viale Timavo, S.Rocco, S.Lazzaro, i superamenti sono stati rispettivamente 57, 45, e 39, cioè si è già superato il valore massimo annuale (35) fissato dalla normativa.

Per quanto riguarda l’andamento annuale e giornaliero dell’inquinamento, si può dire che in generale in tutte le stazioni la concentrazione degli inquinanti è maggiore nel periodo invernale (tranne che per ozono) rispetto al periodo estivo, e che l’andamento giornaliero mostra valori più elevati verso le 7-8 del mattino, e le 19-20 serali. L’ozono invece ha i valori più elevati nelle ore di massima insolazione.

E’ importante l’inquinamento in ambienti chiusi?

Ai fini della valutazione dei danni alla salute va tenuto presente che ogni individuo nel corso della giornata trascorre il proprio tempo in ambienti diversi (abitazione, mezzi di trasporto, ambiente di lavoro, scuola, ecc.) e quindi gli inquinanti inspirati da una persona non coincidono con i valori medi misurati nell’ambiente dalle centraline. Si parla pertanto di “esposizione personale”.

Negli ambienti “chiusi” sopra citati possono essere presenti, oltre alle particelle ultrafini, composti gassosi e vapori, quali ossido di carbonio, biossido di azoto ed eventualmente benzene, naftalina, formaldeide. In ambiente domestico, oltre alle particelle e gas prodotti durante la cottura dei cibi, vanno considerati anche vapori emessi dai prodotti utilizzati per la pulizia. E’ evidente inoltre che in ambienti domestici il fumo di sigaretta dovrebbe essere assolutamente evitato.

Frequentemente negli ambienti chiusi, come evidenziato da ricerche pubblicate, le concentrazioni di alcuni inquinanti sono più elevati rispetto ai valori esterni. Questo vale anche per la maggior parte delle scuole, dove bambini e giovani trascorrono parecchie ore della giornata. Sarebbe pertanto importante localizzare gli edifici scolastici lontani da strade con traffico autoveicolare e dotarle di adeguati sistemi di ventilazione.

Gianni Santachiara

salute

Lo spreco non va in crisi

(da una ricerca di Sloow Food)

Lo spreco degli alimenti nel mondo occidentale sta assumendo una tale importanza che la Commissione europea ha proclamato il 2014 anno europeo contro lo spreco alimentare.

I numeri di questo fenomeno sono tali che la Commissione ha votato una risoluzione con la quale si impegna a definire degli obiettivi specifici di prevenzione dello spreco degli alimenti.

E’ utile partire dai numeri: nel mondo si gettano ogni anno 1,3 miliardi di tonnellate di prodotti ancora perfettamente commestibili per un valore stimato oltre 100 milioni di Euro. Altro dato impressionante: 222 milioni di tonnellate all’anno è la quantità di cibo buttata dai consumatori occidentali pari all’intera produzione alimentare dell’Africa subsahariana.

In Europa e negli Stati Uniti più del 40% degli sprechi avviene tra gi scaffali dei negozi e il frigorifero di casa, dove si gettano confezioni leggermente ammaccate e cibi dimenticati nel congelatore. In Africa e nelle aree più povere del Sud Est asiatico si perde quasi la metà degli alimenti a causa di magazzini inadeguati, temperature estreme e tecnologie di conservazione antidiluviane. Una volta arrivato nella dispensa di casa però, il cibo è sacro, contrariamente a quanto accade nei paesi occidentali “ricchi”.

Secondo la Fao, ogni europeo getta 179 chili di alimenti e assieme a questi alimenti sono sprecate anche all’energia e l’acqua che sono servite per produrli. Nel 2010 in Italia si sono persi in questo modo 12 miliardi di metri cubi di acqua virtuale, ovvero , quella contenuta nei prodotti o usata per produrli, equivalente a un decimo della portata dell’ Adriatico.

A livello domestico, in Italia, si spreca mediamente il 17% dei prodotto ortofrutticoli acquistati, il 15% di pesce, il 28% di pasta e pane, il 29% di uova, il 30% di carne e il 32% di latticini. Da un punto di vista economico per una famiglia italiana lo sperpero alimentare significa una perdita di 1.693 Euro all’anno.

Secondo la Coldiretti sarebbe sufficiente il 20% del cibo che ogni giorno viene sprecato per sfamare quegli otto milioni di italiani poveri (dati stimati da Caritas), il 13,8% della popolazione.

Secondo Slow Food, il rimedio a questo problema globale non sta nell’aumentare la produzione di cibo nel 5 mondo, ma nel mettere in atto progetti concreti per ridurre lo spreco. Incrementare ulteriormente la quantità di cibo, infatti significherebbe aumentare le monocolture e gli allevamenti

intensivi, un agroalimentare industralizzato e poco sostenibile che danneggia popoli e ambiente. La soluzione non sta dunque nell’aumentare lo sfruttamento della terra, ma nel cercare delle vie alternative. Da un lato rincuora sapere che le soluzioni ci sono e stanno nelle economie locali, nelle reti dei piccoli produttori e nei sistemi di produzione efficienti.

Educare e orientare il consumatore è l’unico modo di provare a ridurre gli sprechi e correggere i gravi danni prodotti dall’agroindustria.

Per tutti questi motivi Slow Food Pîemonte e Valle d’Aosta hanno firmato un protocollo d’intesa con Last Minute Market (1) volto a ridurre gli sprechi alimentari nelle due regioni.

1)   Vedi “Libro nero sugli sprechi dei cibi”, edizioni Ambiente di Andrea Segrè, presidente di Last Minute Market, che ha avviato nel 2010 la campagna “un anno contro lo spreco” – www.unannocontrolospreco. org.

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