(da una ricerca di Sloow Food)
Lo spreco degli alimenti nel mondo occidentale sta assumendo una tale importanza che la Commissione europea ha proclamato il 2014 anno europeo contro lo spreco alimentare.
I numeri di questo fenomeno sono tali che la Commissione ha votato una risoluzione con la quale si impegna a definire degli obiettivi specifici di prevenzione dello spreco degli alimenti.
E’ utile partire dai numeri: nel mondo si gettano ogni anno 1,3 miliardi di tonnellate di prodotti ancora perfettamente commestibili per un valore stimato oltre 100 milioni di Euro. Altro dato impressionante: 222 milioni di tonnellate all’anno è la quantità di cibo buttata dai consumatori occidentali pari all’intera produzione alimentare dell’Africa subsahariana.
In Europa e negli Stati Uniti più del 40% degli sprechi avviene tra gi scaffali dei negozi e il frigorifero di casa, dove si gettano confezioni leggermente ammaccate e cibi dimenticati nel congelatore. In Africa e nelle aree più povere del Sud Est asiatico si perde quasi la metà degli alimenti a causa di magazzini inadeguati, temperature estreme e tecnologie di conservazione antidiluviane. Una volta arrivato nella dispensa di casa però, il cibo è sacro, contrariamente a quanto accade nei paesi occidentali “ricchi”.
Secondo la Fao, ogni europeo getta 179 chili di alimenti e assieme a questi alimenti sono sprecate anche all’energia e l’acqua che sono servite per produrli. Nel 2010 in Italia si sono persi in questo modo 12 miliardi di metri cubi di acqua virtuale, ovvero , quella contenuta nei prodotti o usata per produrli, equivalente a un decimo della portata dell’ Adriatico.
A livello domestico, in Italia, si spreca mediamente il 17% dei prodotto ortofrutticoli acquistati, il 15% di pesce, il 28% di pasta e pane, il 29% di uova, il 30% di carne e il 32% di latticini. Da un punto di vista economico per una famiglia italiana lo sperpero alimentare significa una perdita di 1.693 Euro all’anno.
Secondo la Coldiretti sarebbe sufficiente il 20% del cibo che ogni giorno viene sprecato per sfamare quegli otto milioni di italiani poveri (dati stimati da Caritas), il 13,8% della popolazione.
Secondo Slow Food, il rimedio a questo problema globale non sta nell’aumentare la produzione di cibo nel 5 mondo, ma nel mettere in atto progetti concreti per ridurre lo spreco. Incrementare ulteriormente la quantità di cibo, infatti significherebbe aumentare le monocolture e gli allevamenti
intensivi, un agroalimentare industralizzato e poco sostenibile che danneggia popoli e ambiente. La soluzione non sta dunque nell’aumentare lo sfruttamento della terra, ma nel cercare delle vie alternative. Da un lato rincuora sapere che le soluzioni ci sono e stanno nelle economie locali, nelle reti dei piccoli produttori e nei sistemi di produzione efficienti.
Educare e orientare il consumatore è l’unico modo di provare a ridurre gli sprechi e correggere i gravi danni prodotti dall’agroindustria.
Per tutti questi motivi Slow Food Pîemonte e Valle d’Aosta hanno firmato un protocollo d’intesa con Last Minute Market (1) volto a ridurre gli sprechi alimentari nelle due regioni.
1) Vedi “Libro nero sugli sprechi dei cibi”, edizioni Ambiente di Andrea Segrè, presidente di Last Minute Market, che ha avviato nel 2010 la campagna “un anno contro lo spreco” – www.unannocontrolospreco. org.